ASCOLTARE DAVVERO?

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  1. .•ˆ•… roxina …•ˆ•.
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    Viaggiavo in treno e incuriosita osservavo due ragazzi che parlavano... o meglio, uno parlava mentre l’altro giocava a "Snake" col suo Nokia. Non ho detto "ascoltava" perché ad un certo punto, interpellato dal primo, ne uscì con una risposta che era completamente fuori luogo rispetto al discorso, provocando l’irritazione del compagno. Sorrisi. Ma riflettendo bene mi resi conto che il problema non era il telefonino.

    Quante volte è capitato anche a me di ricevere risposte fuori luogo da persone che sembravano attentissime al discorso che facevo... Il fatto è che "Snake" non è solo nel telefonino ma è dentro la nostra testa, ed è il rincorrersi ed il concatenarsi di mille pensieri che ci distraggono e ci impediscono di ascoltare chi ci parla.
    Magari l’altro ci sta raccontando che è stato male, credendo forse di trovare in noi un po’ di conforto.
    Invece quello che mi dice invece mi fa venire in mente quella volta in cui io sono stata male e nella mia testa rivivo la situazione in cui ho sofferto e alla fine seguo i miei pensieri e non ciò che mi viene raccontato. Così capisco male e magari interrompo l’altro e comincio a raccontare di come ero stata male io...

    Alla fine l’altro deve sopportare oltre che il suo male anche il mio e va via deluso, perché non si è sentito capito, compreso...

    Eccoci arrivati al punto cruciale della questione: una persona per sentirsi amata ha bisogno prima di tutto di sentirsi capita. Noi stessi non ci sentiamo amati se non ci sentiamo capiti, compresi.

    Ma sapete cosa significa la parola "compreso"?
    Significa "preso con me", "preso dentro"... Per riuscire a voler bene, ad amare una persona, dobbiamo prenderla dentro di noi. Come si fa?
    Prendiamo ad esempio due bicchieri pieni. Se devo comprendere (prendere con me) Uno nell’altro cosa devo fare?
    Ovvio... svuotare l’altro bicchiere! Altrimenti se provi a versare l’uno nell’altro con entrambi pieni si rovescia tutto fuori.

    Così è per noi: dobbiamo in qualche modo "svuotarci" per contenere l’altro.

    Devo far tacere i miei pensieri per poter contenere i pensieri dell’altro, perché quei pensieri esprimono la vita dell’altro che mi parla.

    Esistono tre livelli diversi nell’ascoltare: udire, sentire e ascoltare.

    Io odo i suoni. Come la voce indistinta del professore in classe mentre io chiacchiero col mio compagno.

    Io sento le parole, come quando seguo un ragionamento che qualcuno mi fa filtrandolo con la mia logica, per vedere se secondo me è giusto o sbagliato.

    Invece quando ascolto, ascolto una persona, perché al di là delle parole che mi dice cerco di fare mie le sue motivazioni, i suoi desideri, le sue sofferenze, leggendo dietro i fatti e dentro il suo cuore. Mentre parla non lo interrompo perché abbia tutta la tranquillità di esprimersi, scacciando Ia tentazione di dare risposte affrettate o di ragionare mentre si racconta, mettendomi - come si dice – nei panni dell’altro.

    "Mettersi nei panni dell’altro"in fondo è quello che ha fatto Dio con noi, spiegandoci a fatti come si ama. Non è rimasto nei suoi cieli a godersi il paradiso ma, in qualche modo, si è spogliato della sua divinità per farsi uomo, un uomo come noi: un uomo che mangia, dorme, chiacchiera e ride, ascolta, piange, soffre, ha paura. Per usare un immagine per comunicare con noi ha fatto come succede per ascoltare una radio: si è messo nella nostra sintonia. Infatti se non si è nella stessa sintonia non si sente nulla: c’è solo un grande fruscio.

    E sull’esempio di Gesù san Paolo ha scritto: "Mi sono fatto greco con i greci, mi sono fatto giudeo con i giudei per poter comunicare con tutti...".

    Ora, se l’altro è veramente importante per me tutto dell’altro diventa importante, anche le cose che magari non mi interessano. Gli piace il calcio? Parliamo di calcio perché il calcio esprime qualcosa di lui... gli piace il cinema? Parliamo di cinema, perché quel cinema esprime qualcosa di lui...

    Se l’altro si sentirà veramente "compreso" - e quindi amato sino in fondo - si sentirà spinto a fare altrettanto comportandosi con me nello stesso modo.
    Allora nasceranno rapporti di reciproca amicizia profonde con mille persone, non solo con il mio ragazzo/a o con la mia amica/o del cuore.

    C’è una regola però: faccio mio tutto ciò che è nell’altro ma non mi anniento in lui. Non perdo la mia volontà.
    Questo significa che se l’altro sbaglia io non mi adeguo al suo errore, rimango me stesso, pur rimanendo nell’amore: la piena accettazione dell’altro non significa la piena approvazione.


    Testo inviato da Barbara Benedettaj
    :wub: :wub:
     
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0 replies since 5/10/2008, 11:45   33 views
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